George Kubler – La storia dell’arte e la storia delle cose

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Dal momento della sua prima edizione (1976), il libro di Kubler non ha mancato di sollevare interesse e polemiche. In esso lo storico statunitense, allievo di Focillon a Yale e apprezzato studioso di arte dell’America precolombiana, fondeva con ammirevole chiarezza i risultati di lunghi anni di studi e ricerche sul campo con una precisa attenzione alle questioni generali dell’arte, delle produzioni figurative e della civiltà materiale.

Kubler applica alla storia dell’arte dell’Europa occidentale metodi che gli studiosi delle civiltà antiche americane hanno via via elaborato, con l’intento di rimettere in discussione modi di classificazione, di descrizione, di periodizzazione e, infine, di interpretazione. Ma soprattutto ci propone di guardare all’arte con strumenti piú adeguati: “Supponiamo che il nostro concetto di arte possa essere esteso a comprendere, oltre alle tante cose belle poetiche e inutili di questo mondo, tutti i manufatti umani in genere, dagli strumenti di lavoro alle scritture. Accettare questo significa far coincidere l’universo delle cose fatte dall’uomo con la storia dell’arte, con la immediata e conseguente necessità di formulare una nuova linea di interpretazione nello studio di queste stesse cose”.

editions Einaudi, 1976

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George Alexander Kubler (Hollywood, 26 luglio 1912 – 3 ottobre 1996) è stato uno storico dell’arte statunitense.

George Kubler è stato un teorico dell’estetica e uno specialista di arte pre-colombiana e ibero-americana del Messico.

La sua opera principale è The Shape of Time: Remarks on the History of Things, del 1962. George Kubler è stato allievo e studioso di Henri Focillon e dei massimi studiosi di arte precolombiana e postcolombiana soprattutto in Messico. Nel suo The Shape of Time formula la nozione di “storia dell’arte come storia delle cose”, in quanto storia della cultura materiale. Kubler invita a ricomprendere nel concetto di arte “oltre alle tante cose belle, poetiche e non utili di questo mondo, tutti i manufatti umani in generale” (the whole range of (hu)man-made things), così da far coincidere “l’universo delle cose fatte dall’uomo con la storia dell’arte, con la conseguente e immediata necessità di formulare una nuova linea di interpretazione nello studio di queste stesse cose”. La ‘storia delle cose’ è per lui una antropologia delle tecniche, interessata al “processo che trasforma ininterrottamente le capacità sensoriali umane e il sapere mediante scoperte continue”. È utile quindi “riunire idee e cose sotto la rubrica di ‘forme visive’, includendo in questo termine sia i manufatti che le opere d’arte, le repliche e gli esemplari unici, gli arnesi e le espressioni, in breve, tutte quelle materie lavorate dalla mano sotto la guida di idee collegate e sviluppate in sequenza temporale […] Scienza e arte si occupano ambedue di certi bisogni umani che la mente e le mani soddisfano producendo cose. Arnesi e strumenti, simboli ed espressioni corrispondono ugualmente a determinati bisogni e tutti devono essere prima progettati e poi eseguiti […] Oggi appare di nuovo chiaro che l’artista è un artigiano e che egli appartiene a un raggruppamento umano distinto quale homo faber, il cui compito è quello di evocare un perpetuo rinnovamento di forme della materia.

Concentrandosi sulla storia delle cose nei loro rapporti di influenze e filiazioni nel tempo, Kubler critica la nozione kantiana di contemplazione disinteressata e il culto dell’autorialità e dell’opera unica, tipico della cultura euro-americana degli ultimi secoli. Nel far questo ha bisogno non di mettere in secondo piano l’artista, ma di non trascurare l’uomo operatore, il semplice lavoratore e produttore di cose utili.

Source wikipedia

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